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[[image:Rossi_CV.jpg|Rossi-CV auf eigener Webseite (4. März 2011)|thumb]]
 
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[[image:Kensington_university.jpg|Angebot der [[Titelmühle]]n Firma "Kensington University Inc." an ehemalige Kunden alle Kosten zurück zu erstatten|left|thumb]]
 
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Der "Rossi-Energiekatalysator" ist nicht die erste Erfindung von Andrea Rossi. In den 1970er und 1980er Jahren hatte er vergeblich versucht, aus Abfall Kohlenwasserstoffe herzustellen. Es kam zu zahlreichen Prozessen und Strafverfahren mit Haftstrafen gegen den "Scheich der Brianza" (''Sceicco della Brianza'', auf die Behauptung bezogen er würde als "Scheich" aus Industrieabfällen Erdöl gewinnen. Brianza ist der Name einer Region nördlich von Mailand). Die Prozesse wurde auch als "Petroldragon-Affäre" bekannt, da die Rossi-Firma "Petroldragon" hieß. Rossi wurde verurteilt, weil er große Mengen (58.000 Tonnen) auch giftiger Abfälle nicht ordungsgemäß entsorgte und mit ihnen Handel trieb. Nach Angaben aus einem Artikel der italienischen Tageszeitung "Corriere della Sera" vom 6. April 1995 soll Rossi zusammen mit einem Michele Pizzato zweimal verhaftet worden sein.<ref>FASANO GIUSI, "Corriere della Sera" vom 6. April 1995:<br><br>
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Der "Rossi-Energiekatalysator" ist nicht die erste Erfindung von Andrea Rossi. In den 1970er und 1980er Jahren hatte er vergeblich versucht, aus Abfall Kohlenwasserstoffe herzustellen. Es kam zu zahlreichen Prozessen und Strafverfahren mit Haftstrafen gegen den "Scheich der Brianza" (''Sceicco della Brianza'', auf die Behauptung bezogen er würde als "Scheich" aus Industrieabfällen Erdöl gewinnen. Brianza ist der Name einer Region nördlich von Mailand). Die Prozesse wurde auch als "Petroldragon-Affäre" bekannt, da die Rossi-Firma "Petroldragon" hieß. In der italienischen Wikipedia existiert ein Artikel dazu: [http://it.wikipedia.org/wiki/Petroldragon Petroldragon]. Rossi wurde verurteilt, weil er große Mengen (58.000 Tonnen) auch giftiger Abfälle nicht ordungsgemäß entsorgte und mit ihnen Handel trieb. Nach Angaben aus einem Artikel der italienischen Tageszeitung "Corriere della Sera" vom 6. April 1995 soll Rossi zusammen mit einem Michele Pizzato zweimal verhaftet worden sein.<ref>FASANO GIUSI, "Corriere della Sera" vom 6. April 1995:<br><br>
 
Manette bis per Andrea Rossi<br>La Procura di Ariano Irpino accusa l’ inventore del ” refluo petrolio ” di riciclaggio di denaro sporco. Ricercato il corriere della banda che avrebbe trasferito con furgoni blindati oltre 2 tonnellate d’ oro<br>
 
Manette bis per Andrea Rossi<br>La Procura di Ariano Irpino accusa l’ inventore del ” refluo petrolio ” di riciclaggio di denaro sporco. Ricercato il corriere della banda che avrebbe trasferito con furgoni blindati oltre 2 tonnellate d’ oro<br>
 
MONZA. Se finora ha creduto di essere nei guai si e’ sbagliato. Andrea Rossi, inventore del chiacchierato procedimento per trasformare in petrolio la spazzatura e i rifiuti industriali, e’ molto piu’ che in semplici guai. Di tutte le “tegole” che gli sono piovute addosso finora, la piu’ pesante e’ arrivata ieri dalla Procura di Ariano Irpino, in provincia di Avellino. Il giudice delle indagini preliminari Vincenzo Caputo ha emesso, su richiesta del sostituto Rosario Baglioni, un’ ordinanza di custodia cautelare contro di lui per associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio di capitali di illecita provenienza e alla frode fiscale. La presunta organizzazione a delinquere sarebbe formata, oltre che dall’ ideatore del “refluo petrolio” e da una persona per ora irreperibile, anche da Michele Pizzato, italiano con residenza in Svizzera, uomo di fiducia di Andrea Rossi e, negli ultimi tempi, suo compagno di “sventura”. Una sventura cominciata un paio di settimane fa con le conclusioni di una inchiesta condotta dal sostituto procuratore monzese Salvatore Bellomo. Alla fine delle sue indagini, il pm monzese aveva chiesto e ottenuto l’ arresto sia di Rossi che di Pizzato per associazione a delinquere finalizzata alla falsa fatturazione e alla frode fiscale. L’ accusa riguardava la documentazione fittizia che i due avrebbero compilato per attestare la compravendita e l’ esportazione di decine di chili d’ oro, merce di cui Rossi si occupa da quasi due anni come titolare dell’ oreficeria “St. Andre’ ” di Milano (societa’ che lavora l’ oro a Luogosano, in provincia di Avellino). I due erano percio’ finiti in carcere, sperando che il castello di accuse crollasse dopo gli interrogatori. Errore. Perche’ i fatti contestati dal pm monzese hanno trovato conferma nell’ inchiesta del collega di Ariano Irpino, che da oltre un anno stava seguendo praticamente lo stesso filone d’ indagine e che adesso, nelle sue ipotesi d’ accusa, si spinge fino all’ associazione finalizzata al riciclaggio di denaro sporco. In un comunicato stampa diffuso ieri dal comando di gruppo della Guardia di Finanza di Avellino si parla in dettaglio della nuova ordinanza di custodia notificata in carcere a Rossi e Pizzato. Risulterebbe, com’ era gia’ noto dall’ inchiesta monzese, che 46 miliardi di lingotti d’ oro (ben 2.323 chili) avrebbero passato il confine italiano solo sulla carta e, inoltre, che l’ associazione a cui farebbe capo Rossi avrebbe evaso tributi per 120 miliardi con false esportazioni di congegni ad alta tecnologia. Il terzo uomo ricercato e’ il trasportatore dei lingotti, un personaggio abituato a muoversi su furgoni blindati. Sul trasferimento di fondi verso paradisi fiscali come il Liechtenstein, i finanzieri sostengono che “l’ articolazione dell’ organizzazione” era tale da far intuire che l’ obiettivo fosse anche anche il riciclaggio di denaro sporco.<br>
 
MONZA. Se finora ha creduto di essere nei guai si e’ sbagliato. Andrea Rossi, inventore del chiacchierato procedimento per trasformare in petrolio la spazzatura e i rifiuti industriali, e’ molto piu’ che in semplici guai. Di tutte le “tegole” che gli sono piovute addosso finora, la piu’ pesante e’ arrivata ieri dalla Procura di Ariano Irpino, in provincia di Avellino. Il giudice delle indagini preliminari Vincenzo Caputo ha emesso, su richiesta del sostituto Rosario Baglioni, un’ ordinanza di custodia cautelare contro di lui per associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio di capitali di illecita provenienza e alla frode fiscale. La presunta organizzazione a delinquere sarebbe formata, oltre che dall’ ideatore del “refluo petrolio” e da una persona per ora irreperibile, anche da Michele Pizzato, italiano con residenza in Svizzera, uomo di fiducia di Andrea Rossi e, negli ultimi tempi, suo compagno di “sventura”. Una sventura cominciata un paio di settimane fa con le conclusioni di una inchiesta condotta dal sostituto procuratore monzese Salvatore Bellomo. Alla fine delle sue indagini, il pm monzese aveva chiesto e ottenuto l’ arresto sia di Rossi che di Pizzato per associazione a delinquere finalizzata alla falsa fatturazione e alla frode fiscale. L’ accusa riguardava la documentazione fittizia che i due avrebbero compilato per attestare la compravendita e l’ esportazione di decine di chili d’ oro, merce di cui Rossi si occupa da quasi due anni come titolare dell’ oreficeria “St. Andre’ ” di Milano (societa’ che lavora l’ oro a Luogosano, in provincia di Avellino). I due erano percio’ finiti in carcere, sperando che il castello di accuse crollasse dopo gli interrogatori. Errore. Perche’ i fatti contestati dal pm monzese hanno trovato conferma nell’ inchiesta del collega di Ariano Irpino, che da oltre un anno stava seguendo praticamente lo stesso filone d’ indagine e che adesso, nelle sue ipotesi d’ accusa, si spinge fino all’ associazione finalizzata al riciclaggio di denaro sporco. In un comunicato stampa diffuso ieri dal comando di gruppo della Guardia di Finanza di Avellino si parla in dettaglio della nuova ordinanza di custodia notificata in carcere a Rossi e Pizzato. Risulterebbe, com’ era gia’ noto dall’ inchiesta monzese, che 46 miliardi di lingotti d’ oro (ben 2.323 chili) avrebbero passato il confine italiano solo sulla carta e, inoltre, che l’ associazione a cui farebbe capo Rossi avrebbe evaso tributi per 120 miliardi con false esportazioni di congegni ad alta tecnologia. Il terzo uomo ricercato e’ il trasportatore dei lingotti, un personaggio abituato a muoversi su furgoni blindati. Sul trasferimento di fondi verso paradisi fiscali come il Liechtenstein, i finanzieri sostengono che “l’ articolazione dell’ organizzazione” era tale da far intuire che l’ obiettivo fosse anche anche il riciclaggio di denaro sporco.<br>
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